Rincorse (parte 2)

Allora. Siamo rimasti che nonostante i calci dati alla neve ghiacciata la macchina è ancora incastrata. Che cosa fa uno quando non sa come uscire da una situazione? La prima cosa è temporeggiare, sperando che qualcosa, nel frattempo, cambi. Questo a volte funziona con le persone, sembra… oddio io non l’ho mai pensato, per me è quasi sempre tutto dannatamente bianco o nero, nonché immutabile, però il mio amico J. dice c’è anche il grigio, anzi, che tanta parte è proprio quel grigio lì e allora io ci credo. Qui comunque è dura e se rimango ancora un po’ al freddo, dopo il febbrone di questi giorni è la fine.
La seconda cosa è guardarsi intorno. Ecco, questo lo posso fare. E infatti lo faccio. Vedo poca gente che scivola via cercando in tutti i modi di arrivare in un posto dove probabilmente non è mai voluta andare, qualche mamma nervosa corredata da bambino sovraeccitato, un anziano che azzarda un passo sulla neve, timoroso, come un animaletto che bagna la zampa in un ruscello prima di convincersi ad attraversarlo.
Poi vedo un signore sulla sessantina, non tanto lontano che cammina verso di me. Lo vedo arrivare e penso: ecco, lui ha la faccio di uno che potrebbe aiutarmi. Tranquillo, cammina deciso ma senza fretta. Spero che si fermi. Ho il tempo di pensarlo. Deve farlo. Sto guardando uno sconosciuto che in qualche modo mi dirà che è tutto a posto e che adesso non ho più la febbre e che ci vuole solo un po’ di fiducia.
Perché è mattina e sono stanca.
Perché sono stata tre giorni isolata dal mondo e sarei rimasta così.
Perché non voglio che arrivi questo week end.
Adesso sono scesa. Sbaglio un mare di cose, ma forse queste no.
Il signore arriva. E si ferma.

Il resto ha poca importanza. Serie di manovre, spinte, ruote che girano.
Conta l’ultima frase però, un po’ perché da sempre amo i finali e un po’ perché nella sua semplicità c’è tutto quello che spesso non riesco a fare. Perché mi perdo in una serie di particolari ininfluenti: dettagli, orrendi o meravigliosi, ma per lo più semplicemente inutili.
Il signore mi dice: adesso ce la fai, prendi la rincorsa e vai.
Io risalgo in macchina, metto in moto, frizione acceleratore… sento che la macchina va. Ancora un po’ incredula e contenta, mi giro e faccio per ringraziarlo, quando lui mi fa un gesto e ripete: non ti fermare, prendi la rincorsa e vai.
E io sono andata.

2 Commenti a “Rincorse (parte 2)”

  1. menphis scrive:

    La terza parte riguarda la presa del palo mentre cercavi di ringraziare il tuo salvatore? :-P
    Se hai evitato il palo dove sei andata?

  2. Nicola scrive:

    If I were a swan, I’d be gone.
    If I were a train, I’d be late.
    And if I were a good man, I’d talk with you more often than I do.
    If I were to sleep, I could dream.
    If I were afraid, I could hide.
    If I go insane, please don’t put your wires in my brain.
    If I were the moon, I’d be cool.
    If I were a book, I would bend.
    If I were a good man, I’d understand the spaces between friends.
    If I were alone, I would cry.
    And if I were with you, I’d be home and dry.
    And if I go insane, will you still let me join in with the game?
    If I were a swan, I’d be gone.
    If I were a train, I’d be late again.
    If I were a good man, I’d talk to you more often than I do.

    Mi piace come scrivi.
    Mi piace come suonano.
    Mi sembri molto Pink Floyd.
    Quando avevo 8 anni mio padre mi portava in settimana bianca.
    Insegnava alla scuola media C. Del Prete che faceva le settimane bianche.
    Lui insegnava educazione fisica quindi mi portava con loro.
    La sera i ragazzi e le ragazze ballavano dischi tipo Pink Floyd, Beatles e Rolling Stones. Loro erano, noi piccoli no. Però mi piacevano quelle ragazze più grandi di me. E anche quei ragazzi. E quell’albergo. E quella musica. E la neve. E io, mi piacevo. Un pò timido mi avvicinavo ai suoi allievi, e facevo gruppo, anche se ero più piccolo. Poi tornavo dai miei compagni di classe di elementari, e facevo il grande. Poi boh, mi sono perso. Però sulla strada giusta. Oppure non lo so. If. Saluti da chi tanto ti apprezza. Nicola