La posta di Invisibilia.

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Succede che qualcuno finisca, per caso, su Invisibilia. Succede che mi scriva un messaggio o mi cerchi su Facebook. E succede anche, magari, che mi chieda un consiglio.
Facciamo finta che questa persona si chiami Nina (rubando il nome al personaggio di un romanzo che mi piace molto) e che questo blog provi a parlare davvero, per un giorno, a qualcuno che sta al di là di questo schermo.
Allora, via.
Nina è preoccupata per la partenza di una persona a cui tiene molto. Mi chiede se dovrebbe aspettare il suo ritorno o se forse non sarebbe meglio dimenticarla, perché in fondo non ritorna mai nessuno….

Cara Nina,
un po’ di tempo fa, in un giorno di vacanza, lento e assonnato, di quelli in cui ti domandi se non fosse stato meglio rimanere a Milano, mio fratello mi porta un disco.
E’ un disco di De André che io a dire il vero avevo sempre un po’ snobbato: un disco in genovese, avevo pensato varie volte, forse è un po’ troppo per me.
Sono buttata per terra, sul tappeto e un po’ svogliata guardo lui e poi il cd, poi di nuovo il cd e ancora lui.
“E’ uno dei dischi più belli degli anni ‘80″, dice.
Mi stiracchio sul tappeto.
“E non l’ho mica detto io eh. L’ha detto David Byrne.”
Inizio a tirarmi su mentre lui mi parla del bellissimo arrangiamento di Mauro Pagani e delle canzoni che parlano di mare, di viaggi, di sofferenze.
Quando finisce di parlare sono perfettamente seduta davanti al computer.
E’ così che scopro Creuza De Ma.
Naturalmente mi innamoro di quel disco, tanto che le prime volte lo metto a loop. E mi accorgo di una cosa.
L’album si chiude con Da Me Riva che descrive la partenza di un marinaio. E’ il canto di addio alla sua innamorata, rimasta lì sul molo, e alla sua città che si allontana.
E’ tristissimo, c’è poco da girarci intorno.
Ma… il disco, sul mio Itunes, riparte.
E così mi ritrovo immediatamente nella canzone che apre e da il titolo a tutto il lavoro: i marinai tornano a riva, riprendono contatto con la terraferma, i sapori, i colori… e ad accoglierli ci sono le voci del mercato (che all’inizio sembrano veri e propri strumenti, tanto si fondono con la musica).
Adesso, per chi è arrivato a leggere fino qui, resistendo alla tentazione di andare ad aggiornare il suo profilo Facebook, provo a spiegare perché, come si dice dalle mie parti, “l’ho fatta così lunga”.
Nina io non ti conosco, non posso consigliarti di aspettare o dimenticare ma ti posso dire che se io scegliessi di aspettare qualcuno potrei farlo soltanto così, cercando di sentire le voci di quel mercato, appena possibile, cercando di vedere quei volti che accolgono i marinai, soprattutto nei giorni in cui non spuntano barche all’orizzonte.
Proverei a respirare quell’aria che sa di sale e di viaggi.
Ecco.
Se dovessi aspettare, lo farei su quella mulattiera che porta al mare.

7 Commenti a “La posta di Invisibilia.”

  1. Lili scrive:

    :-)

  2. acquadifonte scrive:

    Capito su questo blog per la prima volta… e l’immagine di qualcuno sul molo “a respirare quell’aria che sa di sale e di viaggi” è davvero bella; raccontata tanto bene da poterlo immaginare quel molo!

  3. Sara scrive:

    Ti ringrazio.

  4. gigilatrottola scrive:

    … e qual è l’indirizzo della posta di invisibilia? :-)

  5. Sara scrive:

    Il classico messaggio nella bottiglia potrebbe funzionare… visto che parliamo di mare… Ma il mio fratellone dovrebbe aver inserito anche un pratico indirizzo mail qui da qualche parte… :-)

  6. Eli scrive:

    Ci sono strade che portano al mare a Milano?

  7. Sara scrive:

    C’è sempre una strada che porta al mare.