Come tutti gli altri.

carrelli

Fare la spesa la domenica mattina presto è un’esperienza strana. La città dorme, i rumori arrivano attutiti e anche gli ascensori sembrano andare più lenti.
Ma senza che ce ne accorgessimo è arrivato dicembre, il fantasma del Natale presente si avvicina e quindi il parcheggio del supermercato non è deserto come al solito.
Niente a che vedere con il delirio del sabato, certo, ma i barbari sono arrivati anche qui, a conquistare un pezzetto di una mattina di festa qualunque, incerta e pallida, dentro un mese invadente, illuminato a intermittenza.
Prendo il carrello e mi avvicino all’ascensore. Una signora di mezza età preme nervosamente  il pulsante di chiamata e poi si gira verso l’uscita, impaziente.
Si guarda intorno, poi fissa la freccia rossa che punta verso l’alto, quindi guarda di nuovo l’uscita.
- Ah, eccoti.
Parla rivolta ad un signore che arriva senza fretta, spingendo il carrello. Ha gli occhi dritti davanti ai suoi, ma non la guarda, chissà dove è. Forse non la sente nemmeno.  Non dice niente, un segnale elettronico avverte dell’arrivo dell’ascensore. Lei gli fa cenno di andare. Lui entra, lei lo segue. Io mi faccio avanti con il mio carrello e mi sistemo in un angolo. La scena è tutta loro, io sono lì per caso.
Proprio mentre da lontano spunta un ragazzo che affretta il passo per raggiungere il nostro ascensore, la signora preme il pulsante di salita. Le porte si chiudono, con una determinazione inesorabile, stringendo sempre di più il parcheggio e il ragazzo in avvicinamento, fino a nasconderli del tutto.
- Ma perché non hai aspettato? - chiede il signore, come se fosse improvvisamente tornato in vita.
- Ehhh- prende tempo lei, un po’ scocciata - non ho fatto in tempo, avevo già schiacciato …
Era stata questione di un attimo. L’aveva visto e aveva premuto contemporaneamente. C’era lo spazio per interrompere un gesto già partito, forse. Chi lo sa. Ci penso, mentre l’ascensore sale, lento e silenzioso, come ogni domenica mattina.
Il signore la guarda, lei non si gira, ma stavolta la sta guardando davvero.
E dalla sua bocca esce qualcosa che ancora adesso non so esattamente cosa fosse. Perché lo dice con un tono così freddo da poter spazzare via qualsiasi forma di affetto fosse rimasta in sospeso tra quei due.
C’è un mare gelido davanti a loro e lui ha tutta l’intenzione di buttarla in acqua. A questo punto c’è da chiedersi solo come lo farà.
- Sei come tutti gli altri.
Splash. Buttata. Trenta gradi sotto zero e sento freddo anch’io. Le parole arrivano senza esitazioni, senza scuse, senza litigi da rimandare.
Intrappolate nel ghiaccio, quasi solide, rimangono nell’aria qualche secondo.
A me sembra un’eternità.
Poi le porte si aprono di nuovo, il rumore delle casse invade l’ascensore, lui spinge il carrello, le passa davanti ed esce.
Lei rimane ferma un secondo.
Io non posso fare a meno di cercare in aria gli spruzzi d’acqua gelata di quel tuffo forzato.
E invece sento solo la voce di lei, che non parla a nessuno, un bisbiglio, quasi inesistente.
Un congegno che si spegne.
- E allora?
Suo marito è davanti a lei, si sta allontanando di spalle.
Lei fa un passo ed esce.
Il passo è quello nervoso di poco prima. Lei è quella di prima. “E allora… ” Lo raggiunge e spariscono dietro un giardino di verdure in offerta.

5 Commenti a “Come tutti gli altri.”

  1. ETR500 scrive:

    Come direbbe Elio: “Evviva l’amo-oh-oh-oh-re”…

  2. Menphis scrive:

    Sara cosa ha pensato dopo aver vissuto la scena: meglio sola o sempre meglio vivere (con tutte le mille sfaccettature ) l’amore?

  3. Sara scrive:

    Tutto mi è sembrato fuori che una sfaccettatura dell’amore.

  4. nicola scrive:

    perfetta. senza parole!

  5. nicola scrive:

    perfetta!