Lunedì 16 luglio

A Verona non ero mai stata prima. Solito discorso, te ne vai in giro per il mondo e snobbi un po’ quello che hai sotto il naso. Hanno finito per portarmici i Muse, con il loro concerto all’Arena. Doveva esserci G., doveva esserci  A. Alla fine non c’era nessuno dei due. Solo io e TJ e la giornata inizia con me  che arrivo in ritardo alla stazione. Ma il treno è in ritardo pure lui e quindi si respira. A Verona viene a prenderci un signore nascosto da un cartello “Bella Verona” che se ne esce con una frase intonata al quadretto: non vi aspettavo così giovani… Dopo pochi minuti di macchina e dieci inchiodate (il tipo ha qualche problema con freno e frizione) arriviamo alla nostra fantastica suite Aida che non è nient’altro che un miniappartamento in un condominio di recente costruzione, con un ascensore supertecnologico ma senza connessione internet (grrr). C’è la televisione, ribatte lui, come se internet mi servisse per giocare. Beh, in effetti, mi serve anche per giocare.
Siamo fuori in poco più di mezz’ora, io esco con i capelli ancora bagnati ma fa talmente caldo che asciugano in un secondo, e ci incamminiamo a piedi verso l’Arena. Recuperiamo gli accrediti e decidiamo di farci un giro prima di entrare. Cerchiamo un posto dove mangiare e invece finiamo sotto il balcone di Giulietta. Ecco fatto. Ripenso alle chiacchiere con TJ sul treno e ai miei consigli che fanno a pugni con gli altri, ancora una volta. E’ che ogni volta penso a lei come se fosse me e questo è l’errore. Forse. O forse no, sbagliano tutti gli altri.
Il concerto sta per iniziare, noi ci sistemiamo sulle gradinate ed è uno spettacolo già vedere l’Arena colma di gente. I Muse entrano e tutto si accende. In realtà partono con uno dei pezzi più tamarri che hanno, ma beh, bisogna pur scaldare la folla. E così ci ascoltiamo Knights Of Cydonia E TJ non capirà mai perché sto ridendo… Matt  Bellamy ha un paio di pantaloni bianchi e tutto questo mi ricorda una simpatica discussione di qualche giorno fa.
I singoloni continuano ad animare la folla. Ma le reazioni sono le più diverse. C’è chi balletta e si muove freneticamente senza sosta cantando a squarciagola e chi invece se ne sta immobile senza fiatare, senza cantare, con gli occhi fissi sul palco come ipnotizzato.
Supermassive Black Hole, Starlight,.. tutto bene. In platea bisognerebbe stare seduti ma Bellamy butta lì un discorso alla sicurezza: per favore lasciateli alzare. E via.
Ma poi arriva Sunburn e i ragazzi rimangono lì, tiepidini, come se Showbiz non sapessero nemmeno che è uscito. Non che mi dispiaccia, anzi, così posso anche fare finta che sia solo per me. Ci vuole Time Is Running Out  per farli infiammare di nuovo e Invincibile la cantano proprio tutti.
Nel primo bis piazzano un paio di lentoni tra cui Unintended (sarà pure iper-romantico e zuccheroso ma a me è sempre piaciuto, anche per il video giocato su un bellissimo effetto morphing). Bellamy, con il suo british english, se ne esce con: “questo sarebbe il momento adatto per tirare fuori i vostri cellulari e fare un po’ di luce”. E intorno a me sento i vari “ma che cazzo ha detto” “certo se parlasse un po’ più lentamente”. Caro Bellamy, con una fidanzata del lago di como potresti anche regalare al tuo pubblico due parole in italiano. Ma qualcuno almeno “mobile phone’ lo ha preso perché piano piano qualche cellulare compare e gli altri seguono a ruota. […]
Secondo bis e i Muse sembrano divertirsi davvero. Suonano ormai da due ore e hanno ancora voglia di saltare giù dal palco e fare un po’ di spettacolo.
Ma ormai è finito davvero.
Si possono riaprire gli occhi, stropicciarli e avviarsi lentamente verso l’uscita. Perché bisogna sapersi lasciar coinvolgere e bisogna sapersi distaccare. E spesso, come dice L. è solo una questione di velocità.
Io e TJ ci guardiamo, cellulari muti, ma vorrei tanto che si illuminassero e la facessero sorridere. E’  un inizio che ha un po’ il sapore di una fine, ma sta sempre a noi scegliere dove mettere il segno. E noi stasera lo mettiamo qui. Nella bella Verona…

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