Archivio di maggio 2009

La strada.

domenica 10 maggio 2009

Ce la caveremo, vero, papà?
Sì. Ce la caveremo.
E non ci succederà niente di male.
Esatto.
Perché noi portiamo il fuoco.
Sì. Perché noi portiamo il fuoco.

Leggere in viaggio non è come leggere a casa, sul divano o sdraiato sul letto.
E’ un’altra cosa. Un po’ perché hai quella sensazione del mondo che ti passa sotto o di fianco, mentre tu decidi immergerti in una storia. Ed è come se tutto venisse amplificato, come se l’idea di camminare dentro le pagine di un libro acquistasse un grado in più di realtà. E poi si cancella anche qualsiasi senso di colpa: non ci sono amici da vedere, cose da fare, problemi da risolvere. Non in quel momento, almeno. Tutto, poi, si vedrà.
Ecco, gli ultimi giorni li ho passati saltando da un aereo all’altro.
E ho letto un libro che non è solo un racconto. E’ un pugno nello stomaco. Di quelli dati bene anche.
Il mondo non c’è più. E ‘ rimasta una sterpaglia sbruciacchiata e annerita sotto un cielo grigio e vuoto. Inutile, come le parole che ormai non hanno più oggetti da indicare. In questo niente, triste e feroce, camminano un uomo e un bambino.
Allora, io non sono mai andata matta per i bambini. E ancora meno per gli adulti che parlano ai bambini. Insomma non è che perché uno è più piccolo di te allora ti puoi rivolgere a lui come se fosse un cretino. Le risposte dei “grandi” o non arrivano o fanno quasi sempre pena. Ma quei due, quell’uomo e quel bambino lì, senza nome, non me li toglierò più di dosso. Se mai scriverò una storia con un bambino, state sicuri che lui, in qualche modo, ci sarà.
Il libro l’ho finito poco prima di atterrare a Linate.
Improvvisamente mi è sembrato che intorno ci fosse un sacco di gente.
Se ci fosse stato un altro aereo da prendere, nonostante la stanchezza, la pelle bruciata dal sole e il bisogno di sgranchirmi le gambe ci sarei saltata su al volo.
Ma i viaggi vanno conclusi. Altrimenti non puoi mai iniziarne un altro.
E allora giù dalle scalette.

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