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Radio Days

lunedì 22 dicembre 2008

radio_mic.jpg

Da oggi (lunedì) fino a giovedì, dalle 8.30 alle 11 di sera mi trovate qui:

- per chi è nei paraggi di Lucca-Pisa- Livorno… per chi è al mare in Versilia o in montagna in Garfagnana): 92,2 - 99,2 - 99,6 - 107,4 FM

- per gli altri: http://www.streamsolution.it/onair/radio2000.asx

(oppure dal blog di stefano http://blog.135.it/)

- e per chi ci vuole venire a trovare : Chalet radio2000 - Piazza Grande- Lucca (vedrete due che parlano nel vuoto, io sono quella che passa i pezzi che stefano non oserebbe mai :-))

CORREZIONE: Mercoledì 24 dicembre dalle 18 :-)

Sempre che la mia gola regga…  

Aperitivo lungo (e post cortissimo).

venerdì 19 dicembre 2008

I-tunes. Libreria. Musica. Seleziona. Play.
Al resto ci penserò domani.

(piano, altrimenti sveglio la mia coinquilina ) Afterhours- Oceano di Gomma.

Qualcosa di triste.

domenica 14 dicembre 2008

treno.jpg

G. smette di ridere e mi guarda dritta negli occhi.
“Adesso raccontami qualcosa di triste”.
“Cosa?”
“Quello che vuoi. Inventatelo. E’ il tuo lavoro no?”
In questi anni ho scoperto che la gente ha le idee più disparate su quello che potrebbe essere il mio lavoro. Dallo scrivere i biglietti di natale alla frase per una promessa di matrimonio, dall’analisi della comunicazione politica di un partito all’idea per una pubblicità di profumi. Passando per qualsiasi tipo di sceneggiatura e ovviamente qualsiasi genere di sms.
In parte, effettivamente, corrisponde a verità e forse è quello che mi piace tanto del mio lavoro. Che alla fine, nemmeno io so cosa è.
“Come vuoi”.
G. si versa dell’altro tè e si mette comoda, tentando di ritornare seria. Poi precisa.
“Non voglio proprio un racconto, voglio una sensazione”.
“Va bene. Allora… Anni, secoli fa, stavo tornando a casa in treno. Seduta nel corridoio di un vagone strapieno, accovacciata sopra la valigia, lo zaino appoggiato di fianco. Tornavo in toscana in uno dei miei innumerevoli viaggi da semi-pendolare e, come sempre, stavo leggendo. Un classicone, uno di quei libri che nell’infinita libreria di mia madre non poteva mancare: Per chi suona la campana. L’hai letto?
“No. Di chi è che non mi ricordo?”
“Hemingway”.
“Giusto”
“Allora stavo lì, ero quasi alla fine. Ero in uno di quei momenti in cui cominci a capire come andrà a finire la storia. Mancano poche pagine e non riesci a smettere di leggere ma allo stesso tempo c’è qualcosa che ti frena. Perché lo vedi che nell’aria c’è qualcosa di inevitabile. Lo senti.”
“C’è una storia d’amore?”
“C’è la guerra e c’è anche una storia d’amore.”
“Ecco… e lui parte. Sono sicura. Partono tutti”
“In un certo senso… Però dice una di quelle frasi che ti rimangono in mente. Una di quelle frasi tremende. E incredibilmente belle.”
“Cioè?”
“La situazione è abbastanza tragica. Uno chiede all’altro di andarsene. Di andarsene per tutti e due.
“E dice…”
“Finche ci sarà uno di noi ci saremo tutti e due”.


“Va a finire male immagino.”
“Non è come va a finire, ma come senti che andrà a finire, prima che finisca.
Ogni tanto guardi le storie, a volte dall’interno, a volte dall’esterno, e lo vedi già come andranno a finire. Perché non c’è nessun lieto fine possibile neanche a volerlo costruire. Hai ancora una serie di pagine, ma nessuna via d’uscita. Sei lì, sul tuo treno, o sul divano di casa tua o per strada e lo sai. Però continui ad avere quel disperato desiderio che in fondo, per qualche incredibile motivo, vada tutto bene.”
“E’ vero… Perché?”
“E’ l’illusione delle pagine che ti aspettano. Perché non è ancora finita.”
G. solleva senza pensarci la tazza ormai vuota.
“Mmm… E tu che hai fatto sul treno?”
“Volevi una sensazione, non un racconto.”
“Ok… ok… Hai ragione. Ma già che ci siamo… Che hai fatto?”
“Ho finito il libro una stazione prima della mia. L’ho messo nello zaino, l’ho richiuso e sono scesa dal treno. ”
“Ah. Ecco adesso sono davvero triste. Non riderò mai più…”
“Non è vero… Quando ti capiterà qualcosa di veramente divertente riderai di nuovo.”
“E’ sempre Hemingway che lo dice?”
“No. Sex And The City”.
G. sorride. “Un altro tè?”
“Ma sì.”

Bolle trasparenti e puntini (in)visibili.

mercoledì 10 dicembre 2008

Due settimane fa…

rain.jpg Il taxi arriva dritto davanti al cancello di casa mia.
Ci separa una cascata di pioggia.
Prendo un respiro e mi butto sotto l’acqua. In pochi secondi mi rendo conto di avere capelli fradici e trucco sbavato.
E va bene così. Ho bisogno di sentire che qualcosa entra in questa bolla trasparente che mi circonda, qualcosa di vero anche se imperfetto.
Invece sono distante. Sono già troppo lontana, come si fa a venirmi a prendere quassù.
Sgocciolando sul sedile dico al tassista dove portarmi, poi tiro fuori l’ipod dalla borsa e risprofondo nel mio mondo.
Un quarto d’ora dopo sono davanti al R’n'R e di nuovo mi aspetta la pioggia. Altra corsa, ma stavolta alzo la testa e mi viene in mente la lunga telefonata con mio fratello, lo immagino mentre gioca a calcetto sotto l’acqua e per un attimo il campo mi sembra qui dietro.
L’ipod continua ad andare… “quando ne ho voglia alzo gli occhi e guardo il sole attraverso un milione di miliardi di metri cubi d’acqua e finalmente non mi bruciano più gli occhi…
Entro.
Mi trovo immediatamente ad affrontare la solita carica di energia di E. che però si accorge immediatamente che sono da un’altra parte. Fa comunque in tempo ad infilare una serie di battute che mi strappano un paio di sorrisi stanchi ma sinceri prima di andare a prepararsi per suonare. Io mi metto a chiacchierare con un’amica che non vedo da tempo.
Difficile sapere da dove cominciare. A volte penso che dovrei portare sempre con me una classifica delle cose importanti che mi sono successe negli ultimi mesi, così per essere sicura che ci sia tutto. E subito dopo penso che sia una stronzata, perché se fossero davvero importanti, tutte quelle cose, me le ricorderei.
Le ultime chiacchiere continuano mentre inizia la musica.
Ascolto e penso che vorrei atterrare da qualche parte. Anche nel posto sbagliato. Però atterrare.

Sono passate due ore quando decido che prima che arrivino i crampi a segnalare le mie batterie scariche è meglio che tenti di tornare a casa. Si susseguono cover mentre mi allontano.
Mi sento come un piccolo puntino che si sposta tra la gente. Microscopica. Persa nello sfondo. Dissolta nella scenografia.
Ma è incredibile come gli amici a volte riescano a vederti anche quando pensi di essere invisibile.
Credi di essere distante miglia e miglia, di esserti persa, senza poter dire nemmeno tu dove e perché.
Invece loro lo sanno, in qualche modo, dove trovarti.
E a volte ti raggiungono.
Parte un altro pezzo.


Musica (live): Janis Joplin - Piece Of My Heart

6 dicembre 2008

domenica 7 dicembre 2008

anklebiter-highheels_bn.jpg

Per la mia amica Ze, per le scarpe con il tacco di fianco al camino e per tutti i suoi sogni, per quello sguardo che ho imparato a riconoscere e per il suo orizzonte, limpido e sereno.
Per lei e per chi ha il coraggio, innato o acquisito, di non lasciare un tango a metà.
Musica: Tanguera- La Fonda Tango Club

Macchie di colore.

giovedì 4 dicembre 2008

macchiadicolore_low.gif

Neil Leifer, famoso fotografico del Time, diceva sempre che la fotografia non mostra la realtà, ma l’idea che se ne ha.
Osservo i file che lentamente si trasferiscono dalla scheda al computer e guardo fuori dalla finestra.
Ti insegnano a scegliere un soggetto e a trovare la sua posizione nello spazio, a ritagliare un pezzo di mondo e identificare delle linee che lo descrivano. A tenere la mano ferma e bloccare anche il respiro per rendere un attimo assolutamente perfetto e potenzialmente infinito.
Eppure a volte ti sembra tutto inevitabilmente fuori fuoco. Le linee non ordinano ma creano rumore.
Le luci nitide dell’Africa sono lontane. Così come quella determinazione e quella sicurezza nell’andare alla scoperta del mondo.
Forse è colpa del flash rotto ma, prima di rivederle, sai già che stavolta le tue foto saranno inevitabilmente un po’ mosse.

Trasferimento terminato.
Apro la prima. Ed è una macchia di colori.
Potrei avere mille reazioni diverse e arriva quella più insospettata: mi metto a ridere. Semplicemente e senza scuse.
Tento di recuperare un contatto con il mondo guardando di nuovo fuori.
Ma in fondo, forse, c’è più realtà in quella foto che in quello che vedo dalla finestra.

I-tunes: Cure- Pictures Of You

Va tutto bene.

venerdì 28 novembre 2008

neve_blog.gif E’ buio da tempo quando ci lasciamo alle spalle un paesaggio ricoperto di neve. Appicciati uno all’altro sui sedili e sepolti da borse, zaini, telecamere. Mentre TJ appoggia la testa sulla mia spalla e si addormenta io rimango con gli occhi aperti: il sonno se l’è di nuovo rubato qualcos’altro.
Anche A. dorme di fianco a me. P è invece concentrato sulla guida e F. guarda fuori dal finestrino. C’è silenzio in macchina. Ad interromperlo c’è soltanto, di tanto in tanto, il rumore della neve che si stacca dal tetto.
Sono stati due giorni intensi e faticosi ma allo stesso tempo sono scivolati via senza darci il tempo di pensarci troppo sopra. E’ l’ultima puntata di US e per tanti motivi è una puntata speciale.
Doveva essere una scusa per fare il punto.
Chissà se adesso, richiuse valigie e impressioni, avremo davvero voglia di farlo.
In fondo “va tutto bene”.

Musica: la sentirete presto.

La neve all’improvviso.

mercoledì 26 novembre 2008

“Ma passerà, sì passerà questo pallore che ci rende così simili da perderci.”

E’ notte e la telefonata della mia amica G. arriva puntuale come un orologio. A disallineare giorni ordinati a fatica. Bastano cinque secondi di silenzio ed è già chiaro tutto.
A volte abbiamo così paura che qualcosa di meraviglioso si rovini che finiamo per rovinarlo noi. E’ come se, convinti dell’inevitabile, decidessimo di provocare volontariamente un disastro. Finché ci siamo, in mezzo alla tormenta, non ce ne rendiamo mica conto. E’ quando cala il vento, la neve ha ricoperto gli alberi e rimane solo un freddo glaciale che ci accorgiamo che non c’è più niente.
Cammino lentamente mentre capisco che è impossibile riempire il silenzio di chi sento dall’altra parte. Posso solo accoglierlo, respirando per far sentire che ci sono, ma senza spazzarne via la dignità con insopportabili luoghi comuni. Per una volta non so davvero cosa dirle.

Sono passate le due quando torno a casa e stasera spero davvero che T. sia alzata. Spero di aprire la porta e vedere la luce nel corridoio sentendo piano la musica che si diffonde per la casa.
Giro la chiave e poi aspetto qualche secondo prima di entrare. La voce di T. anticipa ogni altra azione.
“Hey”
Sorrido.
Mentre entro la vedo alzarsi dalla scrivania e venirmi incontro stiracchiandosi.
“I’m still up”.
Lentamente, comincio a parlare.
E’ bello, spesso, usare un’altra lingua. Ti permette di prendere distanza. E magari intuire che c’è una via d’uscita da suggerire, un po’ meno scontata delle altre. Le parole si mescolano al profumo di Apple Crisp che si è sparso per tutto l’appartamento.
C’è calore e ce n’è davvero bisogno.
Se lo senti, forse riuscirai anche a trasmetterlo. Bisogna aiutare G. a sciogliere un po’ di tutta quella neve. E da qualche parte bisogna iniziare.

Musica: stavolta è troppo bassa per riuscire a sentirla. Che qualcuno la alzi, per favore.

Dimenticavo…

domenica 23 novembre 2008

Avete ragione.

The Most Special- Guns&Roses (ma qualcuno ha ascoltato Chinese Democracy?) va in onda stasera alle 21 su Mtv

Ultrasounds # 7 - sabato 29 novembre alle 19

I’m not in this movie, I’m not in this song.

sabato 22 novembre 2008

notte.jpg Il mio insegnante di sceneggiatura a New York diceva sempre “kill your babies”. Uccidete i vostri personaggi: eliminate parole e trasformatele in immagini, togliete informazioni e alla fine sottraete ancora.
Mentre salutavo TJ ieri sera pensavo che nella realtà succede esattamente il contrario. Quando incontri una persona parti da una misera quantità di informazioni che poi piano piano va ad aumentare fino a formare un ipotetico quadro.
E durante il percorso non puoi fare altro che scommettere.
Sederti al tavolo da gioco e puntare.
Puoi decidere, con una ventata di improvvisa sicurezza, di rovesciare una manciata di fishes tutte insieme oppure puoi aspettare e osservare il gioco. Puoi tentare di procedere a piccoli passi o anche alzarti dal tavolo, dopo ore, esattamente con le stesse fishes che avevi prima, continuando a chiederti, mentre ti allontani, che cosa sarebbe successo se avessi puntato di più.
Chiudo lo zaino e, mentre tutti iniziano ad uscire e a riempire i locale, io mi avvio alla macchina.
Bisogna aver il coraggio di chiudere le giornate.
Anche quelle che lasciano tutto in sospeso.

I-pod: Notwist- Consequence

Thursday Morning

giovedì 20 novembre 2008

Allungo un braccio, ancora con gli occhi chiusi, nel tentativo di arrivare al cellulare ma mi scontro con il freddo del computer, rigidamente addormentato lì di fianco, e poi con la trama intricata della sciarpa di lana che ho buttato sul letto insieme a tutto il resto, ieri sera, prima di crollare addormentata. La prima cosa che penso è che vorrei uno stomaco nuovo. La seconda è che, prima di dire qualsiasi cosa, oggi, vorrei un copione su cui controllare le mie battute. La terza invece è che ci dovrebbe essere un messaggio sul mio cellulare.
A metà tra la fine del piumone e l’inizio del cuscino trovo finalmente il telefono. E con quello, in una delle poche sicurezze con cui si apre questa giornata, anche l’sms di TJ.
Rispondo e in quelle tre parole ci vedo riflesse una serie di ore e troppi vodka lemon.
Tra mezz’ora suonerà la sveglia.
Riaffondo nel piumone.
Quante volte si può scomparire?

Musica (dall’altra stanza): Dido- Thank You 

Coffee Break

domenica 16 novembre 2008

cup_steam.jpg

“Bevi il caffè proprio come lui”.
Alzo gli occhi dalla tazzina e guardo G. con gli occhi spalancati.
“Cioè?”
“Sì, fai quella cosa lì…
“No, no, aspetta. Non lo voglio sapere.”
E’ la seconda volta nel giro di tre giorni che qualcuno mi fa notare come bevo il caffè. O ne bevo troppi oppure aggiungo chissà qualche inconsapevole gesto.
L’unica cosa che so è che riesco quasi sempre a scottarmi la lingua perché non ho mai la pazienza di aspettare che si raffreddi. La pazienza…
G. trova immediatamente una distrazione afferrando un pezzo di torta di mele e lo fa con quello sguardo su cui è già scritto “forse non dovrei, ma in fondo chissenefrega”. E’ bella comunque, e in fondo lo sa.
“Comunque lui fa proprio come te”, ribadisce facendo cadere briciole di torta nel suo caffè.
Tutti abbiamo dei microscopici gesti che ci definiscono e ci raccontano più di mille descrizioni. E gli innamorati sono delle spie. Non ci si può difendere.
G. inizia a fissare il suo telefono.
Io guardo la mia tazzina già vuota.
Cavoli, mi sono bruciata la lingua un’altra volta.

Sullo stereo: King Of Convenience - I Don’t Know What I Can Save From You

24 hours

martedì 11 novembre 2008

A volte non c’è altro modo per rispondere se non quello di alzarsi e metter su della musica. Non sarà mai quella che avreste scelto voi, ma ogni tanto si può anche essere un po’ egoisti. E cercare il lieto fine, anche se fuori tempo massimo.

I tunes: Oasis- I’m Outta Time

Milano, sera

domenica 9 novembre 2008

Sono più o meno le sette di un sabato sperso nel mese di novembre quando scendo dall’autobus e mi avvio verso casa. Per una volta scelgo la strada più lunga. La malinconia che c’è nell’aria si attacca alle buste dell’esselunga della mini-famiglia che cammina stanca ma senza incertezze davanti me, al borsone da palestra del ragazzo che incrocio veloce, alla carta bianca, legata con il nastro, dei biscotti di pasticceria in mano all’anziana signora che sto per superare.
Un piccolo quartiere che torna a casa, mentre i negozi stanno per chiudere e penso a mia madre che accende su rai 3, a chilometri di distanza, e a ETR che, con la pazienza che forse appartiene ad un’altra generazione, continua a tenere acceso il suo computer, contro l’insicurezza e l’approssimazione, i tanti dubbi e l’unica scelta.
Perché questo è il solo momento in cui le responsabilità sembrano sfumare via, prima di una settimana che non salverà la nostra vita, ma che ancora deve arrivare. E non c’è niente di determinante, forse, che si possa fare adesso.
E’ una malinconia dolce e rassicurante.
Non importa se ci sarà qualcuno ad aspettarci oppure no. Adesso, si può solo tornare a casa.

Ipod: Nick Drake- Cello Song